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Negli ultimi anni la stampa 3D e le moderne tecnologie di “imaging” radiologico hanno apportato notevoli cambiamenti nella pratica clinica di medicina e chirurgia con l’obiettivo di favorire aggiornamento e specializzazione nel settore medico.

L’utilizzo di software per l’elaborazione delle immagini in formato “.dicom” sono sempre più di utilizzo quotidiano e consentono una miglior valutazione di esami come TC e RM.

Soprattutto in ambito chirurgico, le case produttrici hanno iniziato la programmazione e lo studio su modelli digitali 3D al fine di poter creare delle protesi impiantabili fatte su misura per i pazienti.

L’utilizzo di questa tecnologia in ambito ospedaliero ha però comportato un incremento dei costi per le Aziende che si traduce in una selezione dei soli casi più complessi.

E’ nata da questa considerazione l’idea di acquisire di una stampante 3D per il reparto di Chirurgia Maxillo-facciale dell’Aou, diretta dal professor Matteo Brucoli, il cui utilizzo è ormai diventato parte integrante nella pianificazione di alcuni interventi chirurgici consentendo sia un abbattimento dei costi sia la possibilità di sfruttare questa tecnologia per un maggior spettro di patologie.

“Basti considerare, ad esempio, che per un prototipo standard per una ricostruzione orbitaria (non personalizzato) il costo di produzione da parte di una ditta esterna è di circa 700 euro” – afferma il professor Brucoli –  “mentre la creazione del modellino effettuata all’interno del reparto per lo stesso intervento chirurgico (e fatta su misura per il paziente) ha un costo di circa 40 euro. Negli interventi ricostruttivi con lembi liberi microvascolarizzati dopo resezioni estese dei mascellari (ad esempio per neoplasie sia maligne che benigne o nelle necrosi mandibolari da radioterapia o da bifosfonati)” – continua Brucoli – “le ditte produttrici simulano e programmano interamente l’intervento con i software creando  dime chirurgiche di taglio e placche in titanio da ricostruzione interamente customizzate al costo di circa 4-5000 euro, mentre la programmazione eseguita direttamente dal reparto con l’utilizzo di placche in titanio da ricostruzione standard viene a costare circa 400 euro, cioè il prezzo dei sistemi di osteosintesi”.

La programmazione e la creazione di modelli 3D con la stampante passa attraverso varie fasi di progettazione, partendo dai dati degli esami TC e RM del paziente, tramite l’utilizzo di software dedicati.

E’ possibile trasformare i dati DICOM degli esami del paziente in dati STL, formato digitale fondamentale per utilizzare i programmi di modellazione digitale.

Infine tramite un programma di stampa vengono pianificate le caratteristiche del modellino 3D finale potendo scegliere il tipo di materiale e la qualità del prodotto in base all’utilizzo che se ne vuole fare.

Tutte le programmazioni sono interamente eseguite dalla equipé dei chirurgi maxillo-facciali utilizzando programmi gratuiti (open-source) e la stampante 3D a disposizione.

Ciò permette di ridurre notevolmente sia i costi sia i tempi operatori con un evidente minor disagio per il paziente.

“La stampante 3D, presente nel reparto di Chirurgia Maxillo-facciale viene utilizzata principalmente in tre ambiti”- spiega il professor Brucoli- “Nella fase di  studio di interventi chirurgici complessi, dove vengono stampati i modelli stereolitografici dello scheletro facciale per studiarne in maniera più dettagliata possibile le caratteristiche al fine di avere una miglior visione tridimensionale in sala operatoria. In traumatologia per la creazione di dispositivi customizzati per i pazienti. In questi casi vengono stampati i modellini 3D delle ossa facciali e su di essi vengono modellate delle placche o delle mesh (griglie) in titanio da utilizzare in sala operatoria. Si ottiene in tal modo una ricostruzione ossea più accurata riducendo i margini di errore chirurgici ed i tempi operatori.

Infine in oncologia, ambito in cui si eseguono interventi demolitivi e ricostruttivi complessi, quali ricostruzioni mandibolari con lembi liberi o interventi che riguardano la demolizione e ricostruzione delle parti orbitarie. In questi casi viene pianificato l’intero intervento chirurgico digitalmente con i software e vengono stampate in 3D sia le repliche del distretto anatomico coinvolto nell’intervento chirurgico, che saranno di ausilio nell’intervento stesso, sia le dime di taglio per la resezione del tumore e per la modellazione dell’innesto in maniera precisa per la ricostruzione del difetto osseo mancante.

Sulla replica 3D dell’intervento chirurgico effettuata i giorni precedenti all’intervento, verrà modellata la placca da ricostruzione che avrà in sala operatoria un’unica posizione di fissaggio, poiché verranno sfruttati gli stessi fori di osteosintesi utilizzati per il posizionamento della dima chirurgica per la resezione del tumore.

Questa pianificazione oltre a ridurre in maniera consistente i tempi operatori (che in questa tipologia di interventi sono molto lunghi) porta ad un predicibile risultato estetico e funzionale”.