Improvvisa sensazione di mancanza di fiato, rapido aumento di peso dovuto all’accumulo di liquidi in tutto il corpo, battito cardiaco irregolare: sono questi i sintomi più frequenti dello scompenso cardiaco acuto. Sindrome invalidante, per la quale il cuore perde progressivamente la capacità di pompare in modo adeguato il sangue nell’organismo e che può avere conseguenze letali.
Dei pazienti colpiti, il 3-4 % non sopravvive al primo episodio, il 20-30% muore nell’arco di un anno, il 70% entro 5 anni.
Lo scompenso cardiaco acuto è ancora più aggressivo di alcuni tumori avanzati, infatti,considerando la finestra temporale di 5 anni, ha un tasso di mortalità doppio rispetto alla mortalità dovuta al tumore al seno (35%) ed è superiore a quella causata dal tumore all’intestino
(65%).
Un fenomeno in crescita – si tratta della più comune causa di ospedalizzazione per i pazienti con più di 65 anni – che in Italia registra quasi 200 mila casi ogni anno, 300 solo a Novara. Oggi, finalmente, dalla ricerca arrivano nuove speranze di cura.

“A Novara i numeri dello scompenso cardiaco acuto sono preoccupanti, basta pensare che al pronto soccorso del nostro ospedale si registrano circa 300 ricoveri l’anno.”- spiega il professor Gian Carlo Avanzi, direttore della Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità di Novara – “In generale, i numeri dello scompenso sono in crescita, con percentuali di incidenza che oggi si attestano intorno al 10% nella popolazione oltre i 65 anni. Purtroppo questa è una percentuale destinata ad aumentare, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione”.

Oltre all’infarto, le più comuni cause che possono condurre a un episodio di scompenso acuto sono aritmie, ipertensione mal controllata, danno permanente alle valvole cardiache, aterosclerosi coronarica, eccesso cronico di alcol. I numeri confermano che si tratta di una patologia che non va sottovalutata. Oltre a un forte impatto sulla qualità della vita del paziente anche gli sforzi economici a carico della famiglia e del Servizio Sanitario Nazionale non sono affatto indifferenti, se si considera che questi ultimi sono la seconda voce di costo per ricoveri dopo quelli per le gravidanze.

Nonostante la crescente incidenza degli ultimi anni dello scompenso cardiaco, le modalità di trattamento sono rimaste invariate. “I diuretici, somministrati al paziente che arriva al pronto soccorso in preda a un episodio acuto di scompenso per ridurre la congestione del corpo, si conoscono ormai da una cinquantina d’anni.” – commenta Avanzi – “Per quanto riguarda invece la somministrazione d’ossigeno, da una decina d’anni si applica un’altra procedura standard che consiste nell’uso del C-PAP, un casco attraverso il quale si somministra al paziente una miscela d’aria a una pressione leggermente superiore rispetto a quella atmosferica, favorendo così la circolazione di ossigeno nel sangue”.

La ricerca tuttavia continua a lavorare per di ridurre i sintomi, proteggere gli organi e abbattere le riospedalizzazioni e la mortalità. “È recentemente emersa una nuova possibilità terapeutica che sembra essere promettente sia per la fase acuta che per quella cronica e la nostra struttura è direttamente coinvolta nella sperimentazione.” – conclude Avanzi – “Cercheremo, in particolare, di capire se la nuova molecola oggetto di studio sarà in grado sia di agire sul fronte del miglioramento della condizione clinica del paziente nel momento ‘acuto’ sia di determinare benefici a lungo termine”.

Accanto alle terapie farmacologiche, per fermare la crescente incidenza dello scompenso cardiaco un ruolo importante è giocato dalla prevenzione. “Innanzitutto, bisogna evitare la comparsa di ipertensione attraverso una dieta povera di sale, un’attività fisica regolare, livelli bassi di colesterolo e controllo del peso.” – spiega Avanzi- “Per il soggetto che invece ha già avuto un episodio di scompenso cardiaco è molto importante agire sul lato della prevenzione secondaria. In questo senso, è di fondamentale importanza, oltre a un corretto stile di vita, seguire la terapia farmacologica prescritta dal medico”.