Novara, 15 maggio 2017- Le recenti discussioni su una nota casa di riposo novarese hanno riportato alla ribalta il tema della nutrizione dell’anziano. Il dott. Federico D’Andrea, direttore della Struttura complessa di dietetica e nutrizione clinica dell’azienda ospedaliero-universitaria “Maggiore della Carità” di Novara, interviene per ricordare quali devono essere i principi-base quando si parla di alimentazione nei degenti delle Rsa.
«Il problema della malnutrizione è molto serio e spesso sottovalutato – spiega – In Piemonte è stato calcolato che il 30% dei degenti sia malnutrito e che il 30% soffra di disfagia (ovvero la difficoltà nella deglutizione)».
Per questo da tempo la Sc dietetica e nutrizione clinica del “Maggiore” ha studiato protocolli e avanzato proposte di collaborazione per le Rsa, il tutto presentato in un partecipato convegno del novembre 2015.
«Il nostro progetto – aggiunge il dott. D’Andrea – prevede l’indicazione di menù idonei per chi soffre di malnutrizione o disfagia, partendo sempre e comunque dalle scelte degli alimenti fatte dai responsabili della casa di riposo. Non basta avere un bravo cuoco o una struttura idonea per poter rispondere alle necessità dei degenti: occorre avere una visione a 360° del problema e una specifica preparazione».
Ed è qui che entra in gioco la Struttura complessa di dietetica e nutrizione clinica dell’Aou: il primo passaggio è quello della valutazione clinica dei degenti, con screening sull’eventuale malnutrizione; il secondo momento è quello della formazione del personale della Rsa sul tema nutrizionale ma non solo (ad esempio, il modo con cui si somministrano i pasti); poi si passa alla preparazione del menù, che deve essere tale da avere tutte le caratteristiche nutrizionali e deve essere appetibile.
«Capita che ai degenti vengano proposti dei frullati che, pur avendo un giusto apporto calorico-proteico, sono obiettivamente immangiabili – sostiene il dott. D’Andrea – Accade così che l’anziano mangi poco o niente e dunque sia malnutrito. Per i disfasici occorre anche il pasto sia facilmente deglutibile».
Ultimo passaggio è quello della redazione di una cartella nutrizionale con tutti i dati del paziente.
«Dove questo nostro protocollo è stato adottato – spiega – si sono avuti risultati notevoli e grandi risparmi, ad esempio dal punto di vista dell’utilizzo degli integratori nutrizionali, che sono praticamente scomparsi di pari passo con la drastica riduzione della perdita di peso e degli effetti collaterali (ad esempio, piaghe da decubito)».
Il protocollo della Struttura complessa di dietetica e nutrizione clinica dell’azienda ospedaliero-universitaria “Maggiore della Carità” di Novara è ora al vaglio dei competenti organi dell’assessorato alla sanità della Regione Piemonte che sta pensando di adottarlo per tutto il territorio.