11 Ottobre 2023 14:42
Novara, 11 ottobre 2023 – La “cura su misura”, non è solo terapie personalizzate e tecnologie a servizio del paziente che monitorano anche a distanza, ma anche formazione ed educazione alle corrette abitudini alimentari per la prevenzione secondaria nei pazienti con pregresso evento cardiovascolare acuto.
Dalla collaborazione tra la struttura complessa a direzione universitaria Cardiologia (diretta dal professor Giuseppe Patti) e la struttura complessa a direzione ospedaliera Scienza dell’alimentazione e dietetica (diretta dal dottor Sergio Riso) dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Novara nasce un nuovo progetto di informazione-formazione.
Spiega il dottor Sergio Riso: «attraverso incontri a cadenza periodica, condotti dalla dietista dottoressa Carolina Scaglia, i pazienti imparano a conoscere i segreti per “stare meglio” controllando i fattori di rischio cardiovascolare (sovrappeso/obesità, sindrome metabolica, ipertensione arteriosa, dislipidemia) attraverso i principi di una sana alimentazione che sono alla base del modello di dieta di tipo mediterraneo. È infatti noto a tutti come la dieta mediterranea, patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, abbia un ruolo incisivo, all’interno di un corretto stile di vita, nella riduzione dell’incidenza di patologie cardiovascolari, anche fatali, conclamate».
E per monitorare l’efficacia delle cure nel trattamento dell’insufficienza cardiaca è stato avviato il progetto Azimuth, una ricerca attualmente in corso presso la Cardiologia 1 dell’Aou di Novara diretta dal professor Giuseppe Patti e coordinato a livello nazionale dal professor Domenico D’Amario. Un progetto che ha l’ambizioso obiettivo di ottimizzare attraverso un percorso di digital health le modalità di assistenza al paziente con insufficienza cardiaca, avvalendosi di soluzioni tecnologiche integrate, basate su algoritmi di Intelligenza Artificiale.
«I pazienti con insufficienza cardiaca avanzata rappresentano la sfida più difficile per la cardiologia moderna – spiega il professor Patti – Purtroppo, i pazienti che si trovano nelle fasi più avanzate di insufficienza cardiaca hanno una prognosi sovrapponibile a quella di una malattia oncologica allo stadio terminale. Per questo ogni azione mirata alla prevenzione della progressione di malattia e al suo controllo costante, anche mediante una alta aderenza alle cure, potrebbe avere un impatto rilevante sulla aspettativa di vita, ridurre gli accessi alle strutture sanitarie ed avere quindi rilevanza sia epidemiologica, che di economia sanitaria. Il percorso assistenziale del paziente con insufficienza cardiaca – spiega il professor Giuseppe Patti – è molto complesso e prevede trattamenti intensivi in ospedale durante la fase acuta, e successivamente visite di controllo durante il follow-up in fase cronica. Questo attualmente richiede uno stretto dialogo tra specialisti, ma anche fra cardiologi ospedalieri e medicina di prossimità, soprattutto una volta che il paziente rientra a casa dopo la dimissione da un centro ospedaliero di terzo livello. Al momento, il percorso complesso e frammentato che caratterizza la gestione dei pazienti con insufficienza cardiaca grava principalmente sui pazienti e sui loro familiari, poiché, nonostante gli sforzi organizzativi, non sempre le strutture sanitarie riescono a rispondere al bisogno di cura di tutti i pazienti in tempi adeguati».
«Una soluzione potrebbe essere quella di dotare il paziente o i suoi familiari di uno strumento che lo responsabilizzi maggiormente e che lo tenga in contatto con l’equipe dei professionisti sanitari che ha in carico la sua malattia – afferma il professor D’Amario – Un fatto tutt’altro che semplice da implementare, anche perché spesso l’insufficienza cardiaca non è correttamente percepita dal paziente stesso come una patologia grave, e pertanto condotte che mostrano una scarsa aderenza alle terapie, con conseguenti elevati tassi di riospedalizzazioni, sono molto frequenti».
Attualmente altri 3 centri stanno testando questo modello di cura innovativo in Italia: la Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS (Roma), l’Azienda Ospedaliera per l’Emergenza Cannizzaro (Catania) ed il San Raffaele IRCCS (Roma). Altri 4 centri sono in procinto di iniziare la sperimentazione che prevede di seguire circa 300 pazienti nei prossimi mesi. La Cardiologia novarese attualmente segue con questa piattaforma già 75 pazienti con insufficienza cardiaca.