Venerdi' 11 aprile 2014 è stato effettuato a Novara il millesimo trapianto di rene.

Si tratta di un  traguardo importante che testimonia la continuità di una attività sempre rimasta nel corso degli anni ai massimi livelli nazionali ed internazionali, attuata con impegno e determinazione da parte degli operatori dell'Azienda ospedaliero- universitaria “Maggiore della Carità” tanto da portarli ad ottenere risultati di assoluta eccellenza in questo settore.
 
La storia del centro di trapianto renale dell’A.O.U. Maggiore della Carità inizia il 4 novembre 1998 data in cui il centro fu fondato dal professor Giuseppe Verzetti insieme all’urologo Bruno Frea e al  chirurgo vascolare Franco Nessi, primi chirurghi pionieri di questa attività in Novara.
 
Negli anni successivi il centro, che attualmente è parte della struttura complessa universitaria di Nefrologia e trapianto renale, diretta dal professor Piero Stratta, ha progressivamente incrementato la propria attività (figura 1) fino al raggiungimento dei 1000 trapianti della scorsa settimana.
 
La struttura ha avviato programmi sempre più complessi e di avanguardia nel settore, promuovendo, accanto al tradizionale trapianto di rene singolo da donatore deceduto, il trapianto da donatore vivente, anche prima della dialisi e con prelievo laparoscopico, (nel 2003) ed il doppio trapianto di rene (nel 2004).
 
Questi dati hanno portato il centro trapianti renali di Novara ad essere il terzo centro italiano per attività nel primo decennio degli anni 2000, secondo solo alle Molinette di Torino ed al Sant’ Orsola di Bologna, con un volume di attività tale da poter essere collocato tra i pochi centri in Italia di livello europeo (figura 2)
Si tratta di risultati di indubbia soddisfazione non solo per gli operatori impegnati in questa l’attività, ma per l’intera Azienda, coinvolta in un impegno che richiede elevate capacità professionali, organizzative e di coordinamento.
 
Lo sviluppo di un programma così complesso ed all’avanguardia è il risultato di un movimento ben coordinato a livello regionale, che ogni anno raggiunge traguardi di assoluta eccellenza: nel 2010 il Piemonte ha occupato il primo e il secondo posto in Italia per  numero di trapianti di rene effettuati nei due centri delle Molinette di Torino e del Maggiore di Novara e nel 2011 rispettivamente il primo ed il terzo posto.
 
L’aspetto da sottolineare è l’eccellenza dei risultati ottenuti ed il loro andamento nel tempo: si tratta di dati altamente soddisfacenti che, in base alle statistiche recentemente pubblicate dal centro nazionale trapianti, vedono il centro di Novara collocarsi ai primissimi posti come sopravvivenza dei pazienti e dei reni a breve e lungo termine.  
 
I risultati raggiunti sono ancora più significativi se si considera che negli ultimi anni è molto cambiata la tipologia dei pazienti avviati al trapianto.
Oggi avviene sempre più di frequente che siano trapiantati anche pazienti molto più complessi di un tempo, soprattutto in età avanzata o affetti, oltre che dall’ insufficienza renale cronica, anche da malattie sistemiche, cardiache e vascolari  che rendono il paziente più fragile ed a maggior rischio clinico.
 
Al programma di trapianto renale dell’AOU di Novara partecipano direttamente anche la Chirurgia Vascolare, diretta dal dott. Piero Brustia,  l’Urologia del professor  Carlo Terrone, l’Emodialisi – Nefrologia del dott. Martino De Leo e l’ Anestesia e Rianimazione del professor Francesco Della Corte.
 
Un programma di questo genere, per essere attuato  con successo, richiede un ottimo livello organizzativo globale con il coinvolgimento di tutti i ruoli sanitari e delle altre professionalità, una stretta collaborazione tra componente universitaria ed ospedaliera, un elevato livello di tutte le attività sia cliniche che dei servizi di accertamento diagnostico ed un accurato programma formativo, quale quello fornito dalla scuola di medicina e chirurgia e dalla scuola di specializzazione in Nefrologia dell’università del Piemonte orientale.
 
Il primo momento fondamentale del trapianto è rappresentato dalla donazione dell’organo.
Le donazioni di rene, che anche nel 2013hanno raggiunto in Piemonte livelli di rilievo, sono correlate alla sensibilità della popolazione, alla validità del programma regionale di formazione degli operatori, alla diffusione delle informazioni ed alla capillare organizzazione delle rianimazioni coinvolte.
 
In quest’ambito è doveroso sottolineare che a Novara l’attenzione alla donazione nasce già nei primi anni ’80 quando, tra numerose difficoltà operative,  fu avviato un programma per la donazione e il prelievo.
Questa particolare sensibilità si è sempre mantenuta nel tempo, tanto che, anche quest’anno, la rianimazione dell’Azienda, diretta dal professor Francesco Della Corte ha primeggiato in ambito regionale per segnalazione ed utilizzazione delle donazioni.           
 
Nell’ambito dei trapianti è necessario adattarsi prontamente al progredire scientifico e applicare nuovi programmi: è il caso dell’ implementazione dei trapianti di rene da donatore vivente (ad oggi a Novara ne sono stati effettuati complessivamente 44), programma ad elevata qualificazione destinato in particolare ai riceventi più giovani.
Si tratta di un aspetto innovativo che i medici del reparto del professor Stratta stanno sempre più sviluppando e che richiede preparazione, dedizione e particolare attenzione alla informazione fornita ai pazienti, ai medici di base ed agli specialisti Nefrologi della regione, anche attraverso filmati esplicativi come quello già presentato dall’Azienda a tutta la popolazione lo scorso anno e accessibile su “ you tube”. 
Un notevole sviluppo per la donazione di rene da vivente è già stato ottenuto grazie all’introduzione della metodica di prelievo con tecnica laparoscopica, metodologia meno invasiva e meglio tollerata dal donatore rispetto a quella completamente chirurgica: al Maggiore di Novara questa metodica è stata introdotta dal professor  Carlo Terrone ed è oggi utilizzata in tutti i trapianti di rene da donatore vivente.
 
Un programma di trapianto di rene sempre più sviluppato consente, oltre ad un indubbio miglioramento della qualità e quantità di vita dei pazienti, un notevole contenimento delle spese richieste per il trattamento dell’uremia cronica.