Sorto nel sobborgo di Sant'Agabio probabilmente nella prima meta' del secolo XI, l'Ospedale Maggiore della Carita' di Novara in origine era un istituto di beneficenza dedicato a San Michele Arcangelo, da cui il nome di "Casa di San Michele della Carita'". La benefica istituzione, retta dai frati e dalle suore dell'Ordine degli Umiliati, fu originariamente fondata con lo scopo di soccorrere i poveri, i vecchi invalidi e i pellegrini. L'attivita' assistenziale venne rivolta alla cura dei malati solo successivamente, a partire dalla fine del Duecento. immagine 1

In quell'epoca il termine ospedale significava semplicemente "ospizio" non deve quindi sorprendere che nell'Ospedale della Carita' si provvedesse al ricovero e al mantenimento dei poveri, in adempimento di obblighi derivanti da lasciti e da donazioni. Soltanto in seguito l'assistenza dei malati costitui' lo scopo principale.
Pur essendo un istituto religioso, dipendeva dal Comune di Novara, che all'interno dell'ordine degli Umiliati nominava gli amministratori, come attesta la bolla emessa dal pontefice Sisto IV nel 1482. La bolla pontificia impose l'unione all'Ospedale di S. Michele degli altri sette ospedali novaresi, a conferma dell'importanza assunta dall'istituto nel contesto cittadino.

Nel Seicento gli edifici originari, nel borgo di Sant'Agabio, furono demoliti e l'ospedale si trasferi' nella sua sede attuale.immagine 2

Il nuovo edificio, sorto su progetto dell'architetto Soliva, contemplava un cortile centrale, tuttora esistente, intorno al quale si aprivano i piu' importanti locali adibiti a ricovero dei malati ed ai servizi. Entro il recinto dell'Ospedale, che fu inaugurato nel 1643, fu trasportata la chiesa e la parrocchia di San Michele.
Su questa struttura, gia' a partire dal 1648 e poi nei secoli successivi, si innestarono nuovi corpi e continuarono gli ampliamenti, portando l'ospedale ad assorbire spazi urbani sempre piu' vasti. Quest'espansione fu resa possibile grazie alla florida situazione patrimoniale dell'istituto: fin dall'inizio della sua esistenza, infatti, sono documentati donazioni e lasciti, alcuni dei quali molto cospicui, da parte di cittadini novaresi a favore dell'ospedale.

All'abbellimento degli edifici provvide Stefano Melchionni nel 1822, con interventi di decoro architettonico sulla facciata principale e sui lati esterni. Al Melchionni si deve inoltre il progetto di ampliamento di alcuni corpi retrostanti il cortile Soliva, reso necessario sia dallo sviluppo dell'attivita' dell'istituto, sia dalla crescita della popolazione.In questi anni l'Ospedale inizia a farsi carico anche del ricovero dei pazzi e dei malati di sifilide. Inizia ad impiegare, accanto alle suore e ai religiosi, anche del personale laico salariato, composto da alcuni medici e infermieri, da uno speziale, da una levatrice e da alcuni addetti a lavori subalterni.immagine 3
 

Nella meta' dell'Ottocento, per rispondere alle nuove esigenze della medicina sociale, ulteriori ampliamenti furono affidati dall'amministrazione dell'ospedale all'architetto Alessandro Antonelli.
A lui si deve il grande edificio a " L" che, pur alterato nella sua struttura originaria dalla costruzione della chiesa nel 1930, rimane ancor oggi, insieme con il cortile del Soliva, il simbolo dell'Ospedale.

Il progetto dell'Antonelli organizzò gli spazi ospedalieri secondo criteri di funzionalita' ed esigenze igieniche che si andavano facendo strada. Previde ampie sale aerate e piene di luce, sfruttò in modo razionale gli spazi, anche quelli sotterranei, senza tuttavia trascurare l'aspetto decorativo, ispirato allo stile neoclassico.

 

La fisionomia dell'ospedale incominciò ad assomigliare a quella attuale, anche se seguirono altre vicende edilizie, che continuano fino ai giorni nostri.

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Logo storico dell'ospedale Maggiore della Carità